martedì 30 aprile 2013
Montichiari Contro Green Hill, comitato: URGENTE - STALLI/ADOZIONI TOPI SALVATI DALLA VIVIS...
Montichiari Contro Green Hill, comitato: URGENTE - STALLI/ADOZIONI TOPI SALVATI DALLA VIVIS...: DIFFONDIAMO E AUGURIAMO UNA VERA VITA A CIASCUNO DEGLI ANIMALI SALVATI IERI! ANIMALI LIBERI! di Contro Green Hill: Lui è uno dei piccol...
lunedì 29 aprile 2013
l'incontro di oggi a Verona con i Consiglieri
Come sapete, il Presidente della Commissione Consigliare Quarta del Comune di Verona, Avvocato Ciro Maschio, ha invitato le Associazioni animaliste a partecipare alla seduta della Commissione prevista per oggi, lunedì 29 aprile, alle ore 16,00 presso Palazzo Barbieri ai fini di esaminare la mozione 233 di condanna all’utilizzo indiscriminato degli animali per esperimenti scientifici e tecnologici.
Freccia 45, Coordinamento fermare Green Hill e Comitato Montichiari contro Green Hill hanno accolto il gentile invito e hanno designato quale portavoce il Dr. Massimo Tettamanti, uno dei più noti e apprezzati antivivisezionisti scientifici italiani, il quale ha esposto ai politici presenti in maniera chiara ed esaustiva le ragioni della nostra importante battaglia di civiltà da un punto di vista scientifico. Assenti, manco a dirlo, i rappresentanti di Glaxo e Aptuit che, pur invitati, hanno preferito evitare un confronto civile sul tema e che, nonostante 7 settimane di presidio non stop davanti ai loro cancelli, tacciono sul destino di quei 32 cani arrivati in Italia all'inizio di marzo. Un inspiegabile e assordante silenzio che non ci intimorisce affatto!
Auspichiamo che la mozione in questione venga approvata dal Consiglio Comunale di Verona e soprattutto che i 32 beagle vengano rilasciati dalla Glaxo-Aptuit e finalmente possano iniziare una vita degna di questo nome, lontano dai laboratori!
Il presidio prosegue infatti domani 30 aprile e il 2 e 3 maggio in via Fleming 4.
Mentre per sabato sera abbiamo in programma una FIACCOLATA DALLE ORE 20 ALLE ORE 23
RITROVO E PARTENZA A VERONA IN PIAZZA DANTE.
PERCORREREMO IL CENTRO STORICO PER POI ARRIVARE IN PIAZZA BRA.
VI ASPETTIAMO NUMEROSI!!!!
COMUNICATO STAMPA
COMUNICATO STAMPA
DOPO 6 SETTIMANE DI PRESIDIO ININTERROTTO DI
FRONTE AL CENTRO DI RICERCA APTUIT DI VERONA, PARTER DI GLAXOSMITHKLINE, IL
COMUNE DI VERONA DECIDE DI INTERVENIRE, MENTRE LE DITTE FARMACEUTICHE CHIEDONO
L’ESENZIONE DELLA NOTIFICA SUI TRASPORTI DI ANIMALI DA SPERIMENTAZIONE
Lunedì
29 aprile 2013 – La notizia
dell’arrivo dei 32 beagle presso il Centro di Ricerca APTUIT di Verona, partner
privilegiato della società farmaceutica GLAXOSMITHKLINE, era stata diffusa il
mese scorso da FRECCIA 45, COORDINAMENTO FERMARE GREEN HILL e COMITATO
MONTICHIARI CONTRO GREEN HILL, che avevano prontamente avviato un presidio permanente
davanti ai cancelli di via Fleming, 4, coordinato dal Delegato Fabio Saino.
Dopo oltre 6 settimane di manifestazioni, il
Comune di Verona ha deciso di intervenire ed il Presidente della Commissione
Consigliare Quarta del Comune di Verona, Avvocato Ciro Maschio, ha invitato le
Associazioni animaliste a partecipare alla seduta della Commissione prevista
per oggi, lunedì 29 aprile, alle ore 16,00 presso Palazzo Barbieri ai fini di
esaminare la mozione 233 di condanna all’utilizzo indiscriminato degli
animali per esperimenti scientifici e tecnologici.
Le Associazioni animaliste hanno designato quale
consulente scientifico il Dott. MASSIMO TETTAMANTI, recentemente nominato a
seguito di petizione popolare, quale capogruppo del Comitato Scientifico Anti
Vivisezione al tavolo che si terrà presso il Ministero della Salute. FRECCIA
45, inoltre, ha già provveduto a nominare gli Avvocati ALDO BENATO e FABIO
CORDIOLI rispettivamente del Foro di Treviso e Lecco per supportare le
eventuali azioni giuridiche che ne dovessero scaturire.
A seguito degli ultimi fatti accaduti in ambito
di lotta alla vivisezione ed in particolare a seguito della liberazione attuata
da 5 attivisti del COORDINAMENTO FERMARE GREEN HILL lo scorso 20 aprile, che
hanno portato in salvo numerosi roditori detenuti all’interno della facoltà di
Farmacologia, Università Statale di Milano, le ditte farmaceutiche hanno
espresso il loro dissenso direttamente alla Dirigenza Ministeriale, domandando
addirittura l’esenzione delle notifiche sui trasporti.
"Inconcepibile il tentativo di ottenere
una ulteriore facilitazione a vivisezionare. Già adesso la sperimentazione
animale è una attività in deroga al codice penale relativamente al
maltrattamento su animali. Cioè è un maltrattamento, ma può essere fatta (e
spesso è resa obbligatoria da normative internazionali).” Ha commentato il
Dott. MASSIMO TETTAMANTI che continua: “L'uso di cani, gatti e primati è
ulteriormente in deroga relativamente alla legge sulla sperimentazione. Quindi Glaxo,
Menarini, Harlan ecc. svolgono trasporti di animali che sono la deroga della
deroga. E pretendono ulteriori agevolazioni. Tutto questo contrasta
scientificamente con un recente studio apparso sull'importante rivista
REGULATORY TOXIOLOGY AND PHARMACOLOGY (vol. 64, pag. 345-349, 2012) che
dimostra come le prove su animali siano totalmente inadatte per stimare gli
effetti collaterali che avvengono poi nell'uomo. Gli autori dichiarano,
infatti, che “non è rilevante includere i dati degli studi su animali negli
studi prospettici di farmacovigilanza". Tradotto: LA
SPERIMENTAZIONE ANIMALE NON SERVE A NULLA. In tutti i casi, anche se
dovessero ottenere questa ulteriore facilitazione, verremmo comunque a sapere
le informazioni necessarie per contrastare i laboratori. Sono sempre di più gli
informatori che, dagli atenei, dalle industrie, dai centri di ricerca e dalle
cliniche ospedaliere, ci contattano per fornirci dati ed informazioni. Il
fatto che l'Italia sarà sempre più ostile alla vivisezione è un percorso
irreversibile".
FRECCIA
45 - www.freccia45.org
COORDINAMENTO
FERMARE GREEN HILL -www.fermaregreenhill.net
COMITATO
MONTICHIARI CONTRO GREEN HILL - montichiaricontrogreenhill.blogspot.it
venerdì 26 aprile 2013
ULTIME NOVITA' SUL CASO GLAXO
Mozione antivivisezione del Consiglio Comunale di Verona: lunedì incontro con associazioni e studiosi della ricerca alternativa ai test con animali
Verona mette in discussione i test sugli animali: dopo sei settimane di presidio attivista davanti alla Aptuit ex Glaxosmithkline per richiedere la liberazione degli ultimi trentadue beagle arrivati dagli USA e destinati agli esperimenti, lunedì il Comune apre le sale consiliari alle ragioni della ricerca alternativa. L’incontro, previsto alle 16 presso Palazzo Barbieri, vedrà partecipare i delegati di Freccia 45, Coordinamento Fermare Green Hill e Comitato Montichiari Contro Green Hill, associazioni promotrici della protesta che hanno nominato consulente scientifico il chimico Massimo Tettamanti, coordinatore europeo del centro I-Care, mentre in rappresentanza della Lav sarà presente la biologa Michela Kuan.
L’incontro nasce a seguito di una mozione consiliare dello scorso 21 marzo, in cui il Consiglio Comunale di Verona “nel ribadire la propria condanna per l’uso indiscriminato di animali negli esperimenti scientifici e tecnologici impegna il Presidente e il Sindaco ad attivarsi nei confronti del Ministero della Salute, della multinazionale Glaxosmithkline e di Aptuit, per chiedere la liberazione dei 32 cani beagle, la sospensione delle sperimentazioni in deroga (D. lgs. 116/92) in atto presso tale stabilimento e l’impiego di metodologie alternative scientificamente valide che non implichino l’impiego di animali.”Spiega il consigliere Ciro Maschio, primo firmatario del testo: “L’obiettivo non è strettamente amministrativo, poiché non sta a noi determinare o meno la presenza di stabilimenti attivi grazie a regolari permessi ministeriali, ma desideriamo fornire al Consiglio argomentazioni approfondite che dimostrino perché la condanna della vivisezione non sia frutto di semplici slogan, e proponga al contrario valide e percorribili metodologie sostitutive. Abbiamo naturalmente invitato al tavolo anche Aptuit e Glaxo,” prosegue “che hanno tuttavia preferito evitare il contraddittorio. Stiamo quindi valutando la possibilità di un’audizione separata, per ascoltare ogni parte in causa.”
Già nel 2012 il Consiglio Comunale di Verona aveva approvato una Risoluzione per la protezione e la tutela degli animali utilizzati a fini scientifici e tecnologici, in cui dichiarava contrarietà verso la sperimentazione animale così come ogni altra forma di sofferenza imposta alle altre specie “sostenendo e favorendo quei metodi alternativi o strategie di sperimentazione per ottenere il risultato ricercato che non preveda l’impiego di animali vivi”, mentre nell’odierna mozione si ricorda come il Gruppo Glaxo sia autorizzato dal Ministero della Salute a compiere esperimenti su cani, ratti, topi, gatti, scimmie anche senza anestesia (deroga art 9 Decreto Legislativo 27/01/92 n.116), e sui beagle in particolare si tenterebbe di riprodurre le malattie del cuore “stringendone con un filo le arterie coronarie”.
“L’incontro di lunedì sarà un momento importante per chiarire le ragioni etiche e scientifiche alla base del presidio davanti alla Aptuit-Glaxo, il più lungo nella storia del movimento animalista italiano,” commenta Aldo Benato, avvocato incaricato, assieme al collega Fabio Cordioli, da Freccia 45. “Non si tratta solo di ottenere la restituzione dei beagle consegnati di recente all’azienda, ormai diventati un simbolo mediatico della lotta alla vivisezione in Italia, quanto piuttosto di supportare il Comune di Verona nella comprensione di quanto inutile o fuorviante possa essere ancora oggi la sperimentazione animale.” Aggiunge Susanna Chiesa, presidente di Freccia 45: “Si è messo in moto un movimento inarrestabile: l’opinione pubblica del nostro Paese è sempre più chiaramente antivisezionista, e l’attenzione di un Comune importante come quello di Verona ne è ulteriore conferma. Se le lobby farmaceutiche non ne prenderanno atto, presidi, manifestazioni, pressioni contro la sperimentazione animale sono destinati a diventare sempre più diffusi e pressanti.”
FONTE: http:// richiamo-della-foresta.blog autore.repubblica.it/2013/ 04/26/ mozione-antivivisezione-del -consiglio-comunale-di-ver ona-lunedi-incontro-con-as sociazioni-e-studiosi-dell a-ricerca-alternativa-ai-t est-con-animali/ ?ref=HROBA-1
Verona mette in discussione i test sugli animali: dopo sei settimane di presidio attivista davanti alla Aptuit ex Glaxosmithkline per richiedere la liberazione degli ultimi trentadue beagle arrivati dagli USA e destinati agli esperimenti, lunedì il Comune apre le sale consiliari alle ragioni della ricerca alternativa. L’incontro, previsto alle 16 presso Palazzo Barbieri, vedrà partecipare i delegati di Freccia 45, Coordinamento Fermare Green Hill e Comitato Montichiari Contro Green Hill, associazioni promotrici della protesta che hanno nominato consulente scientifico il chimico Massimo Tettamanti, coordinatore europeo del centro I-Care, mentre in rappresentanza della Lav sarà presente la biologa Michela Kuan.
L’incontro nasce a seguito di una mozione consiliare dello scorso 21 marzo, in cui il Consiglio Comunale di Verona “nel ribadire la propria condanna per l’uso indiscriminato di animali negli esperimenti scientifici e tecnologici impegna il Presidente e il Sindaco ad attivarsi nei confronti del Ministero della Salute, della multinazionale Glaxosmithkline e di Aptuit, per chiedere la liberazione dei 32 cani beagle, la sospensione delle sperimentazioni in deroga (D. lgs. 116/92) in atto presso tale stabilimento e l’impiego di metodologie alternative scientificamente valide che non implichino l’impiego di animali.”Spiega il consigliere Ciro Maschio, primo firmatario del testo: “L’obiettivo non è strettamente amministrativo, poiché non sta a noi determinare o meno la presenza di stabilimenti attivi grazie a regolari permessi ministeriali, ma desideriamo fornire al Consiglio argomentazioni approfondite che dimostrino perché la condanna della vivisezione non sia frutto di semplici slogan, e proponga al contrario valide e percorribili metodologie sostitutive. Abbiamo naturalmente invitato al tavolo anche Aptuit e Glaxo,” prosegue “che hanno tuttavia preferito evitare il contraddittorio. Stiamo quindi valutando la possibilità di un’audizione separata, per ascoltare ogni parte in causa.”
Già nel 2012 il Consiglio Comunale di Verona aveva approvato una Risoluzione per la protezione e la tutela degli animali utilizzati a fini scientifici e tecnologici, in cui dichiarava contrarietà verso la sperimentazione animale così come ogni altra forma di sofferenza imposta alle altre specie “sostenendo e favorendo quei metodi alternativi o strategie di sperimentazione per ottenere il risultato ricercato che non preveda l’impiego di animali vivi”, mentre nell’odierna mozione si ricorda come il Gruppo Glaxo sia autorizzato dal Ministero della Salute a compiere esperimenti su cani, ratti, topi, gatti, scimmie anche senza anestesia (deroga art 9 Decreto Legislativo 27/01/92 n.116), e sui beagle in particolare si tenterebbe di riprodurre le malattie del cuore “stringendone con un filo le arterie coronarie”.
“L’incontro di lunedì sarà un momento importante per chiarire le ragioni etiche e scientifiche alla base del presidio davanti alla Aptuit-Glaxo, il più lungo nella storia del movimento animalista italiano,” commenta Aldo Benato, avvocato incaricato, assieme al collega Fabio Cordioli, da Freccia 45. “Non si tratta solo di ottenere la restituzione dei beagle consegnati di recente all’azienda, ormai diventati un simbolo mediatico della lotta alla vivisezione in Italia, quanto piuttosto di supportare il Comune di Verona nella comprensione di quanto inutile o fuorviante possa essere ancora oggi la sperimentazione animale.” Aggiunge Susanna Chiesa, presidente di Freccia 45: “Si è messo in moto un movimento inarrestabile: l’opinione pubblica del nostro Paese è sempre più chiaramente antivisezionista, e l’attenzione di un Comune importante come quello di Verona ne è ulteriore conferma. Se le lobby farmaceutiche non ne prenderanno atto, presidi, manifestazioni, pressioni contro la sperimentazione animale sono destinati a diventare sempre più diffusi e pressanti.”
FONTE: http://
giovedì 25 aprile 2013
LE RAGIONI SCIENTIFICHE DELL'ANTIVIVISEZIONISMO - C. NASTRUCCI
Candida Nastrucci, biologo molecolare e biochimico clinico formata alla University of Oxford oggi docente all’Università di Tor Vergata:
“Le alternative sostitutive alla sperimentazione su animali sono metodi avanzati a se stanti, utilizzano strategie integrate e tecnologie avanzate, spesso già esistenti ma combinate tra loro in maniera innovativa. Inoltre, mentre il modello animale nella ricerca e’ accettato e si pubblica senza validazione, alle alternative si richiede il controllo di riproducibilita’ ed efficacia misurata sul modello animale che non e’ predittivo per l’uomo, laddove non e’ ne’ obbligatorio, ne’ scientificamente valido. Oggi esistono ricercatori informati e pubblico cosciente, che oltre a tutelare gli animali dal punto di vista etico si battono per una ricerca che garantisca la salute umana e quella animale” prosegue. “Benché più volte si sia dimostrato scientificamente che il modello animale non sia predittivo per gli umani, viene ancora usato e finanziato, quando per la ricerca in Italia sulle alternative sostitutive i fondi sono inconsistenti, né la legge ne predispone. Per esempio negli USA sono stati di recente stanziati due miliardi di dollari per il progetto ToxCast che ricerca modelli cellulari più predittivi e rapidi nella valutazione delle proprietà tossicologiche sull’uomo, visto che i modelli animali attualmente in uso si sono rivelati inefficaci. Da noi i metodi di ricerca avanzati per sostituire l’uso di animali non vengono nemmeno insegnati nei corsi di laurea.”
(fonte: http://richiamo-della-foresta.blogautore.repubblica.it/2013/04/24/il-tavolo-di-confronto-sulla-sperimentazione-animale-in-streaming-richiesta-di-trasparenza-al-ministero-della-salute/)
fonte foto web - Candida Nastrucci |
VIVISEZIONE A BRESCIA - INTERVISTA AD UN'EX RICERCATRICE UNIVERSITARIA
Per offrire uno spunto di riflessione partendo da un differente punto di vista, RIPORTIAMO QUESTA INTERVISTA AD UNA EX-RICERCATRICE DELL’ UNIVERSITA’ DI BRESCIA REALIZZATA RECENTEMENTE DA ALBS - Antispecisti Libertari Brescia.
INTERVISTA A UNA EX-RICERCATRICE DELL’UNIVERSITA’ DI BRESCIA
La realtà che ne emerge è sconfortante e naturalmente per tutelarla resterà anonima. Questo è ciò che ci ha raccontato:
D: Come ti sei avvicinata all'università di Brescia, qual'é stato il percorso che ti ha portato nei laboratori in cui si pratica la vivisezione?
R: Partendo dal mio percorso universitario, nel 2002 ho conseguito una laurea in biotecnologie a Milano, poiché a Brescia ancora non esisteva il corso. Dato che in quel periodo questo corso di studi era considerato pionieristico, avendo sempre avuto una grande passione per la scienza e mi sembrò un percorso obbligato. Abitando io in provincia di Brescia, volevo avvicinarmi a casa, però continuando il percorso della ricerca, quindi immediatamente dopo la laurea portai il mio curriculum all'università di Brescia dove uno dei professori a cui lo sottoposi trovò interesse nella mia tesi e cominciai successivamente a lavorare come ricercatrice con una borsa di studio.
D:Un dottorato?
R: All'inizio no, si tratta di borse di studio di 3 mesi, che vengono usate come metodi per testare le persone. Prima di darti la possibilità di avviare un dottorato, questo tipo di collaborazioni danno modo ai professori di capire se si ha le risorse e le capacità per continuare il percorso.
Il concorso per il dottorato è stato l'anno successivo. Ho vinto questo concorso arrivando prima e aggiudicandomi il dottorato, rimanendo quindi nel laboratorio dove lavoravo da ormai un anno. I miei compiti non sono cambiati, se non per il fatto che alle volte tenevo delle lezioni per i ragazzi dell'università. Per quanto riguarda il laboratorio, ho continuato a lavorare al bancone.
D: Cosa significa lavorare al bancone?
R: Eseguivo esperimenti di biologia molecolare. In particolare dove lavoravo io si conducevano esperimenti su culture cellulari, ma anche su materiale proveniente da animali. L'università è dotata di uno stabulario, quindi venivano usati tessuti e organi provenienti direttamente dagli animali detenuti in quest'ultimo.
D: Hai un'idea generale di quali e quanti animali si trovavano nello stabulario, nel periodo in cui hai lavorato lì?
R: Gli animali nello stabulario sono topi e ratti. La quantità è stimabile in qualche centinaia. Gli ordini effettuati mensilmente richiedevano alle volte fino a 50-60 animali per volta. Gli animali non rimangono a lungo nello stabulario, perché dal loro arrivo passa difficilmente più di un mese prima che vengano uccisi. Quindi deve esserci un grosso ricircolo.
D: Hai mai dovuto eseguire esperimenti su questi animali?
R: All'inizio mi sono sempre rifiutata di avere a che fare con l'animale vivo, pertanto quello che arrivava a me erano i tessuti. Però questi esperimenti venivano fatti, e io ho dovuto assistervi, perché quando sei un ricercatore e ti dicono che devi scendere in stabulario, ci devi andare. Quindi per quanto ti rifiuti di vedere o avere a che fare con certi aspetti della ricerca, nell'arco degli anni ti capita di entrarvi a contatto. E a me è capitato.
D: Che tipo di esperimenti vengono svolti in università, oltre quelli sui tessuti di cui mi hai parlato?
R: In particolare dove lavoravo io, la ricerca verte sul sistema nervoso, in particolare sulle malattie degenerative. Uno dei tipici esperimenti a cui ho assistito personalmente dall'inizio alla fine, è la lesione neuronale. Le malattie degenerative, come morbo di Parkinson o Alzheimer comportano a livello fisiologico la degenerazione progressiva dei neuroni di una particolare area cerebrale. Per simulare questo nell'animale, viene lesionata l'area che si intende studiare.
D: Questo come avviene?
R: Praticamente, si usano degli atlanti stereotassici (veri e propri atlanti delle aree del cervello degli animali). Ad ogni pagina dell'atlante corrispondono delle coordinate in nanometri. L'animale viene poi inserito nell'apparato stereotassico, che è una sorta di gabbia che viene infilata sulla testa dell'animale. Si esegue un'anestesia; successivamente con un ago, orientandosi con le coordinate dell'atlante si inetta una sostanza che degenera i neuroni dell'area interessata. Quando l'animale si risveglia, presenta dei sintomi simili a quelli della malattia che si desidera simulare. Dopodiché cosa succede? Dopo un periodo di tempo l'animale viene sacrificato, il cervello viene asportato e si analizzano le aree interessate dalla patologia.
D: Considerati gli esperimenti che hai visto e che sai che si praticano all'interno dell'università di Brescia, ritieni giusto parlare di benessere animale?
R: Assolutamente no. In primo luogo vengono costretti a vivere a ciclo invertito. Essendo topi e ratti animali notturni, il ciclo di luce e buio è invertito in modo che gli animali siano attivi durante il giorno, quando i ricercatori eseguono gli esperimenti. Però è chiaro che non è fisiologico. Sono costretti a ritmi circadiani completamente invertiti e artificiali. Inoltre, per esempio, al loro arrivo dalla ditta, i ratti vengono messi in gabbia a due a due, e lì vengono lasciati per 24 ore ad ambientarsi, prima che vengano sottoposti ai primi esperimenti. In molti casi, a cui ho assistito personalmente, gli animali vengono fatti riprodurre nello stabulario, il che significa andare incontro ad una consanguineità elevata, che porta velocemente (considerato il ciclo riproduttivo dei roditori) ad alterazioni negli animali. Ovviamente alcune femmine vengono sottoposte a cicli riproduttivi continui, che porta ad una serie di complicazioni fisiologiche e psicologiche per l'animale. I topi allevati nello stabulario sono detenuti in quattro esemplari per gabbia, per distinguerli l'uno dall'altro gli vengono praticati dei buchi nelle orecchie, a destra, a sinistra, su entrambe o nessuno. A ognuno di loro viene eseguito un test del DNA, attraverso l'analisi di una parte della coda che viene loro amputata.
D: Hai mai provato empatia nei confronti di questi animali? Cos'hai provato quando ti sei confrontata con la necessità di assistere o praticare a questi esperimenti?
R: Certe cose ti colpiscono, come il vedere che vengono catalogati e trattati come oggetti. Già in ambito universitario, sei un po' obbligato a confrontarti con certi aspetti della sperimentazione animale. Seppur io abbia scelto argomenti di studio che si allontanavano da argomenti che prevedevano l'impiego di esperimenti sugli animali, e abbia fatto il possibile per tenermene a distanza, sapevo a cosa andavo incontro. Certo è che una volta arrivato in sede di ricerca, in base all'ambito c'è un utilizzo più o meno elevato degli animali. Non tutti gli studi prevedono l'impiego di animali o di tessuti provenienti da essi. Purtroppo il reparto in cui sono finita io era uno di quelli che ne faceva uso. Ho cercato il più possibile di sottrarmi a questi esperimenti. Nel momento in cui però ho visto che, andando avanti nel mio cammino, avrei dovuto per forza sottoporre gli animali a questa pratica, la mia reazione è stata quella di abbandonare. Non me la sono sentita di intraprendere un percorso che mi avrebbe inesorabilmente portato verso la pratica diretta della sperimentazione animale.
D: La legge italiana prevede l'obiezione di coscienza, ha mai conosciuto qualcuno che abbia fatto questa scelta? I professori danno modo in intraprendere percorsi alternativi a quelli che prevedono la sperimentazione animale?
R: La legge lo consente, è vero. Ma è anche vero che lo studente si ritrova nella posizione di dover accettare ciò che gli viene imposto, ad esempio mi ricordo di una ragazza che venne a proporre una tesi all'università di Brescia, dichiarando però di essere obiettrice e quindi non voleva utilizzare animali. Non è stata proprio maltrattata, ma gentilmente invitata a recarsi altrove. Ci sono come ripeto dei filoni di ricerca in cui l'animale non viene utilizzato, che guarda caso sono quelli che danno i risultati più importanti. Però laddove è prevista la sperimentazione sugli animali, si assume ovviamente persone che non si sottraggono alla pratica.
D: Secondo te c'è un meccanismo che consente a chi esegue gli esperimenti di escludere i sentimenti di spontanea e naturale compassione ed empatia nei confronti di questi esseri senzienti?
R: Quello che posso dirti è che, quando sei in università, credi così tanto nel percorso della ricerca che vedi certe cose sotto una luce differente. Per cui quando i professori ti dicono che quel particolare esperimento serve a ricercare quel particolare farmaco, ovviamente ci credi. Dentro di te ti dici che ti dispiace per l'animale che sacrifichi, ma per un bene più grande e la possibilità di salvare delle persone vale la pena di farlo.
D: I professori sono effettivamente figure autorevoli, agli occhi dei loro studenti.
R: Assolutamente. Riponi fiducia nella ricerca, nelle persone che incontri e nel sistema. Pian piano però ti accorgi che non è così. Io, mano a mano che proseguivo nel mio percorso, mi rendevo conto che alcuni esperimenti erano totalmente inutili, è a quel punto che si comincia a capire che ci sono altre strade più valide.
D: Ci sono altre dinamiche quindi che portano chi pratica la vivisezione a non rendersi conto dell'infruttuosità dei sistemi che usano?
R: Molti non hanno alcun tipo di sensibilità nei confronti degli altri animali. Partono quindi con un vantaggio sugli altri perché non hanno il minimo scrupolo. Non considerano l'animale come un essere senziente e degno di non soffrire per mano dell'essere umano. Per quelli che invece magari sono cresciuti con un senso di rispetto nei confronti degli animali, si innesca inevitabilmente un meccanismo di difesa che assopisce questo sentimento. Quindi devi essere effettivamente vigile e devi renderti conto di quello che stai facendo, perché ad un certo punto è necessario aprire gli occhi.
D: Considerata appunto la tua esperienza, pensi che esista una ragione valida per praticare la vivisezione?
R: No. Secondo me no, perché tutti gli esperimenti che ho avuto modo di osservare nella mia permanenza all'università di Brescia, erano pratiche finalizzate esclusivamente alla pubblicazione. Cioè, prendo venti ratti, lesiono loro alcune aree neuronali, poi li uccido e ne estraggo il cervello per analizzarlo e poi infine pubblicare i risultati. Quindi ciò che emerge dagli esperimenti è completamente fine a sé stesso, sennonché quella pubblicazione mi vale il primo nome su di una rivista di successo. Conseguentemente Telethon, o il finanziamento a cui miro, arriverà a me. Cosicché, con quei soldi, io possa finanziare una nuova ricerca finalizzata ad un'altra pubblicazione e un altro finanziamento... e via dicendo.
Non sto dicendo che l'intero mondo della ricerca funziona così. Ci sono ricerche mosse dall'interesse scientifico e con fini nobili, ma la maggior parte delle ricerche, soprattutto quelle che impiegano animali hanno come ultimo e unico fine quello di ottenere risorse da investire in altre ricerche dello stesso genere.
D: Qual'é stato, se c'è stato, il momento critico che ti ha portato ad abbandonare il mondo della sperimentazione animale?
R: Non c'è stato un vero e proprio episodio scatenante. Si è trattato di un percorso interno e personale. Era sempre più difficile credere in ciò che stavamo facendo, di fronte alla realtà dei fatti che tutto quello che ottenevamo di anno in anno erano esclusivamente delle pubblicazioni su riviste prestigiose, ma nessun risultato veniva conseguito se non quello di ottenere un finanziamento da applicare l'anno seguente per fare lo stesso esperimento con un altro farmaco, o cambiando animale. Quindi pian piano vedi gli orrori che questi esseri viventi sono costretti a subire, vedi che la loro sofferenza non porta nessun tipo di risultato e apri gli occhi.
D: Lungo il tuo percorso hai mai avuto modo di confrontarti con esponenti del movimento antivivisezionista etico e antispecista? Ti è mai successo di avere discussioni con qualcuno sulla sperimentazione animale?
R: No. Quando sei in quell'ambiente vivi come in una bolla e certe argomentazioni passano in sordina. Non sono entrata in contatto con certe posizioni fino al momento in cui ho abbandonato l'università di Brescia. Quando ho interrotto il mio dottorato, dall'oggi al domani, me ne sono andata nelle ire dei miei professori, che si aspettano da te molta gratitudine per il percorso di prestigio che ti consentono di compiere.
D: Se potessi oggi parlare con un vivisettore, o alla futura generazione di ricercatori, cosa vorresti dire loro?
R: Il mio attuale lavoro consiste nel confrontarmi con i ragazzi che poi un giorno forse sceglieranno questo percorso. Siccome fortunatamente continuo ad insegnare scienze, cerco di trasmettere ai ragazzi proprio questo messaggio, cioè che la ricerca è importante, ma deve essere una ricerca non autoreferenziale e finalizzata a sé stessa, ma al vero progresso. Progresso che non è la vivisezione.
Parlare con i ragazzi mi dà molta soddisfazione, perché dimostrano di capire. La mia preoccupazione è che una volta che arriveranno all'università, si ritrovino a confrontarsi con questo o quel professore che sminuisce il loro punto di vista, e li convinca dell'irrinunciabilità della vivisezione. Quando sei all'università, sei debole.
Quindi cerco di farlo con decisione, e dove posso rimango in contatto con i ragazzi dopo che finiscono la scuola e ribadisco loro di non cedere ai diktat degli standard della ricerca sugli animali.
D: Ti capita di parlare della tua esperienza con la tua famiglia o i tuoi amici e conoscenti? Hai l'impressione che le persone abbiano la più pallida idea di cosa accade nei laboratori e negli stabulari delle loro città?
R: Purtroppo no. Da quando sono uscita di lì continuo a raccontare la mia storia. E il mio atteggiamento nei confronti della ricerca stessa è cambiato. Se prima al supermercato mi veniva chiesto un euro per Telethon l'avrei dato, oggi mi rifiuto categoricamente, perché so cosa c'è dietro. Quindi quando ho modo di sollevare la questione ne approfitto per raccontare la mia esperienza, e mi rendo conto di come la maggior parte delle persone sia completamente all'oscuro. Come se ci fosse una barriera, un muro dipinto di bianco che racconta una bugia e nasconde la realtà dei laboratori e degli stabulari.
D: Quando guardi indietro provi dei rimorsi per alcune scelte che hai fatto?
R: No. Sono molto contenta del percorso che ho fatto. Perché mi ha dato la consapevolezza per battermi armata della conoscenza e dell'esperienza diretta. Dove qualcuno mette in dubbio la validità delle mie posizioni antivivisezioniste, posso rispondere di aver vissuto personalmente la realtà dei laboratori. Avendo visto che i risultati dati dalla ricerca sugli animali non solo non valgono la sofferenza inflitta agli animali imprigionati negli stabulari, ma sono spesso finalizzati alla mera pubblicazione, posso consapevolmente dare la mia opinione.
INTERVISTA A UNA EX-RICERCATRICE DELL’UNIVERSITA’ DI BRESCIA
La realtà che ne emerge è sconfortante e naturalmente per tutelarla resterà anonima. Questo è ciò che ci ha raccontato:
D: Come ti sei avvicinata all'università di Brescia, qual'é stato il percorso che ti ha portato nei laboratori in cui si pratica la vivisezione?
R: Partendo dal mio percorso universitario, nel 2002 ho conseguito una laurea in biotecnologie a Milano, poiché a Brescia ancora non esisteva il corso. Dato che in quel periodo questo corso di studi era considerato pionieristico, avendo sempre avuto una grande passione per la scienza e mi sembrò un percorso obbligato. Abitando io in provincia di Brescia, volevo avvicinarmi a casa, però continuando il percorso della ricerca, quindi immediatamente dopo la laurea portai il mio curriculum all'università di Brescia dove uno dei professori a cui lo sottoposi trovò interesse nella mia tesi e cominciai successivamente a lavorare come ricercatrice con una borsa di studio.
D:Un dottorato?
R: All'inizio no, si tratta di borse di studio di 3 mesi, che vengono usate come metodi per testare le persone. Prima di darti la possibilità di avviare un dottorato, questo tipo di collaborazioni danno modo ai professori di capire se si ha le risorse e le capacità per continuare il percorso.
Il concorso per il dottorato è stato l'anno successivo. Ho vinto questo concorso arrivando prima e aggiudicandomi il dottorato, rimanendo quindi nel laboratorio dove lavoravo da ormai un anno. I miei compiti non sono cambiati, se non per il fatto che alle volte tenevo delle lezioni per i ragazzi dell'università. Per quanto riguarda il laboratorio, ho continuato a lavorare al bancone.
D: Cosa significa lavorare al bancone?
R: Eseguivo esperimenti di biologia molecolare. In particolare dove lavoravo io si conducevano esperimenti su culture cellulari, ma anche su materiale proveniente da animali. L'università è dotata di uno stabulario, quindi venivano usati tessuti e organi provenienti direttamente dagli animali detenuti in quest'ultimo.
D: Hai un'idea generale di quali e quanti animali si trovavano nello stabulario, nel periodo in cui hai lavorato lì?
R: Gli animali nello stabulario sono topi e ratti. La quantità è stimabile in qualche centinaia. Gli ordini effettuati mensilmente richiedevano alle volte fino a 50-60 animali per volta. Gli animali non rimangono a lungo nello stabulario, perché dal loro arrivo passa difficilmente più di un mese prima che vengano uccisi. Quindi deve esserci un grosso ricircolo.
D: Hai mai dovuto eseguire esperimenti su questi animali?
R: All'inizio mi sono sempre rifiutata di avere a che fare con l'animale vivo, pertanto quello che arrivava a me erano i tessuti. Però questi esperimenti venivano fatti, e io ho dovuto assistervi, perché quando sei un ricercatore e ti dicono che devi scendere in stabulario, ci devi andare. Quindi per quanto ti rifiuti di vedere o avere a che fare con certi aspetti della ricerca, nell'arco degli anni ti capita di entrarvi a contatto. E a me è capitato.
D: Che tipo di esperimenti vengono svolti in università, oltre quelli sui tessuti di cui mi hai parlato?
R: In particolare dove lavoravo io, la ricerca verte sul sistema nervoso, in particolare sulle malattie degenerative. Uno dei tipici esperimenti a cui ho assistito personalmente dall'inizio alla fine, è la lesione neuronale. Le malattie degenerative, come morbo di Parkinson o Alzheimer comportano a livello fisiologico la degenerazione progressiva dei neuroni di una particolare area cerebrale. Per simulare questo nell'animale, viene lesionata l'area che si intende studiare.
D: Questo come avviene?
R: Praticamente, si usano degli atlanti stereotassici (veri e propri atlanti delle aree del cervello degli animali). Ad ogni pagina dell'atlante corrispondono delle coordinate in nanometri. L'animale viene poi inserito nell'apparato stereotassico, che è una sorta di gabbia che viene infilata sulla testa dell'animale. Si esegue un'anestesia; successivamente con un ago, orientandosi con le coordinate dell'atlante si inetta una sostanza che degenera i neuroni dell'area interessata. Quando l'animale si risveglia, presenta dei sintomi simili a quelli della malattia che si desidera simulare. Dopodiché cosa succede? Dopo un periodo di tempo l'animale viene sacrificato, il cervello viene asportato e si analizzano le aree interessate dalla patologia.
D: Considerati gli esperimenti che hai visto e che sai che si praticano all'interno dell'università di Brescia, ritieni giusto parlare di benessere animale?
R: Assolutamente no. In primo luogo vengono costretti a vivere a ciclo invertito. Essendo topi e ratti animali notturni, il ciclo di luce e buio è invertito in modo che gli animali siano attivi durante il giorno, quando i ricercatori eseguono gli esperimenti. Però è chiaro che non è fisiologico. Sono costretti a ritmi circadiani completamente invertiti e artificiali. Inoltre, per esempio, al loro arrivo dalla ditta, i ratti vengono messi in gabbia a due a due, e lì vengono lasciati per 24 ore ad ambientarsi, prima che vengano sottoposti ai primi esperimenti. In molti casi, a cui ho assistito personalmente, gli animali vengono fatti riprodurre nello stabulario, il che significa andare incontro ad una consanguineità elevata, che porta velocemente (considerato il ciclo riproduttivo dei roditori) ad alterazioni negli animali. Ovviamente alcune femmine vengono sottoposte a cicli riproduttivi continui, che porta ad una serie di complicazioni fisiologiche e psicologiche per l'animale. I topi allevati nello stabulario sono detenuti in quattro esemplari per gabbia, per distinguerli l'uno dall'altro gli vengono praticati dei buchi nelle orecchie, a destra, a sinistra, su entrambe o nessuno. A ognuno di loro viene eseguito un test del DNA, attraverso l'analisi di una parte della coda che viene loro amputata.
D: Hai mai provato empatia nei confronti di questi animali? Cos'hai provato quando ti sei confrontata con la necessità di assistere o praticare a questi esperimenti?
R: Certe cose ti colpiscono, come il vedere che vengono catalogati e trattati come oggetti. Già in ambito universitario, sei un po' obbligato a confrontarti con certi aspetti della sperimentazione animale. Seppur io abbia scelto argomenti di studio che si allontanavano da argomenti che prevedevano l'impiego di esperimenti sugli animali, e abbia fatto il possibile per tenermene a distanza, sapevo a cosa andavo incontro. Certo è che una volta arrivato in sede di ricerca, in base all'ambito c'è un utilizzo più o meno elevato degli animali. Non tutti gli studi prevedono l'impiego di animali o di tessuti provenienti da essi. Purtroppo il reparto in cui sono finita io era uno di quelli che ne faceva uso. Ho cercato il più possibile di sottrarmi a questi esperimenti. Nel momento in cui però ho visto che, andando avanti nel mio cammino, avrei dovuto per forza sottoporre gli animali a questa pratica, la mia reazione è stata quella di abbandonare. Non me la sono sentita di intraprendere un percorso che mi avrebbe inesorabilmente portato verso la pratica diretta della sperimentazione animale.
D: La legge italiana prevede l'obiezione di coscienza, ha mai conosciuto qualcuno che abbia fatto questa scelta? I professori danno modo in intraprendere percorsi alternativi a quelli che prevedono la sperimentazione animale?
R: La legge lo consente, è vero. Ma è anche vero che lo studente si ritrova nella posizione di dover accettare ciò che gli viene imposto, ad esempio mi ricordo di una ragazza che venne a proporre una tesi all'università di Brescia, dichiarando però di essere obiettrice e quindi non voleva utilizzare animali. Non è stata proprio maltrattata, ma gentilmente invitata a recarsi altrove. Ci sono come ripeto dei filoni di ricerca in cui l'animale non viene utilizzato, che guarda caso sono quelli che danno i risultati più importanti. Però laddove è prevista la sperimentazione sugli animali, si assume ovviamente persone che non si sottraggono alla pratica.
D: Secondo te c'è un meccanismo che consente a chi esegue gli esperimenti di escludere i sentimenti di spontanea e naturale compassione ed empatia nei confronti di questi esseri senzienti?
R: Quello che posso dirti è che, quando sei in università, credi così tanto nel percorso della ricerca che vedi certe cose sotto una luce differente. Per cui quando i professori ti dicono che quel particolare esperimento serve a ricercare quel particolare farmaco, ovviamente ci credi. Dentro di te ti dici che ti dispiace per l'animale che sacrifichi, ma per un bene più grande e la possibilità di salvare delle persone vale la pena di farlo.
D: I professori sono effettivamente figure autorevoli, agli occhi dei loro studenti.
R: Assolutamente. Riponi fiducia nella ricerca, nelle persone che incontri e nel sistema. Pian piano però ti accorgi che non è così. Io, mano a mano che proseguivo nel mio percorso, mi rendevo conto che alcuni esperimenti erano totalmente inutili, è a quel punto che si comincia a capire che ci sono altre strade più valide.
D: Ci sono altre dinamiche quindi che portano chi pratica la vivisezione a non rendersi conto dell'infruttuosità dei sistemi che usano?
R: Molti non hanno alcun tipo di sensibilità nei confronti degli altri animali. Partono quindi con un vantaggio sugli altri perché non hanno il minimo scrupolo. Non considerano l'animale come un essere senziente e degno di non soffrire per mano dell'essere umano. Per quelli che invece magari sono cresciuti con un senso di rispetto nei confronti degli animali, si innesca inevitabilmente un meccanismo di difesa che assopisce questo sentimento. Quindi devi essere effettivamente vigile e devi renderti conto di quello che stai facendo, perché ad un certo punto è necessario aprire gli occhi.
D: Considerata appunto la tua esperienza, pensi che esista una ragione valida per praticare la vivisezione?
R: No. Secondo me no, perché tutti gli esperimenti che ho avuto modo di osservare nella mia permanenza all'università di Brescia, erano pratiche finalizzate esclusivamente alla pubblicazione. Cioè, prendo venti ratti, lesiono loro alcune aree neuronali, poi li uccido e ne estraggo il cervello per analizzarlo e poi infine pubblicare i risultati. Quindi ciò che emerge dagli esperimenti è completamente fine a sé stesso, sennonché quella pubblicazione mi vale il primo nome su di una rivista di successo. Conseguentemente Telethon, o il finanziamento a cui miro, arriverà a me. Cosicché, con quei soldi, io possa finanziare una nuova ricerca finalizzata ad un'altra pubblicazione e un altro finanziamento... e via dicendo.
Non sto dicendo che l'intero mondo della ricerca funziona così. Ci sono ricerche mosse dall'interesse scientifico e con fini nobili, ma la maggior parte delle ricerche, soprattutto quelle che impiegano animali hanno come ultimo e unico fine quello di ottenere risorse da investire in altre ricerche dello stesso genere.
D: Qual'é stato, se c'è stato, il momento critico che ti ha portato ad abbandonare il mondo della sperimentazione animale?
R: Non c'è stato un vero e proprio episodio scatenante. Si è trattato di un percorso interno e personale. Era sempre più difficile credere in ciò che stavamo facendo, di fronte alla realtà dei fatti che tutto quello che ottenevamo di anno in anno erano esclusivamente delle pubblicazioni su riviste prestigiose, ma nessun risultato veniva conseguito se non quello di ottenere un finanziamento da applicare l'anno seguente per fare lo stesso esperimento con un altro farmaco, o cambiando animale. Quindi pian piano vedi gli orrori che questi esseri viventi sono costretti a subire, vedi che la loro sofferenza non porta nessun tipo di risultato e apri gli occhi.
D: Lungo il tuo percorso hai mai avuto modo di confrontarti con esponenti del movimento antivivisezionista etico e antispecista? Ti è mai successo di avere discussioni con qualcuno sulla sperimentazione animale?
R: No. Quando sei in quell'ambiente vivi come in una bolla e certe argomentazioni passano in sordina. Non sono entrata in contatto con certe posizioni fino al momento in cui ho abbandonato l'università di Brescia. Quando ho interrotto il mio dottorato, dall'oggi al domani, me ne sono andata nelle ire dei miei professori, che si aspettano da te molta gratitudine per il percorso di prestigio che ti consentono di compiere.
D: Se potessi oggi parlare con un vivisettore, o alla futura generazione di ricercatori, cosa vorresti dire loro?
R: Il mio attuale lavoro consiste nel confrontarmi con i ragazzi che poi un giorno forse sceglieranno questo percorso. Siccome fortunatamente continuo ad insegnare scienze, cerco di trasmettere ai ragazzi proprio questo messaggio, cioè che la ricerca è importante, ma deve essere una ricerca non autoreferenziale e finalizzata a sé stessa, ma al vero progresso. Progresso che non è la vivisezione.
Parlare con i ragazzi mi dà molta soddisfazione, perché dimostrano di capire. La mia preoccupazione è che una volta che arriveranno all'università, si ritrovino a confrontarsi con questo o quel professore che sminuisce il loro punto di vista, e li convinca dell'irrinunciabilità della vivisezione. Quando sei all'università, sei debole.
Quindi cerco di farlo con decisione, e dove posso rimango in contatto con i ragazzi dopo che finiscono la scuola e ribadisco loro di non cedere ai diktat degli standard della ricerca sugli animali.
D: Ti capita di parlare della tua esperienza con la tua famiglia o i tuoi amici e conoscenti? Hai l'impressione che le persone abbiano la più pallida idea di cosa accade nei laboratori e negli stabulari delle loro città?
R: Purtroppo no. Da quando sono uscita di lì continuo a raccontare la mia storia. E il mio atteggiamento nei confronti della ricerca stessa è cambiato. Se prima al supermercato mi veniva chiesto un euro per Telethon l'avrei dato, oggi mi rifiuto categoricamente, perché so cosa c'è dietro. Quindi quando ho modo di sollevare la questione ne approfitto per raccontare la mia esperienza, e mi rendo conto di come la maggior parte delle persone sia completamente all'oscuro. Come se ci fosse una barriera, un muro dipinto di bianco che racconta una bugia e nasconde la realtà dei laboratori e degli stabulari.
D: Quando guardi indietro provi dei rimorsi per alcune scelte che hai fatto?
R: No. Sono molto contenta del percorso che ho fatto. Perché mi ha dato la consapevolezza per battermi armata della conoscenza e dell'esperienza diretta. Dove qualcuno mette in dubbio la validità delle mie posizioni antivivisezioniste, posso rispondere di aver vissuto personalmente la realtà dei laboratori. Avendo visto che i risultati dati dalla ricerca sugli animali non solo non valgono la sofferenza inflitta agli animali imprigionati negli stabulari, ma sono spesso finalizzati alla mera pubblicazione, posso consapevolmente dare la mia opinione.
mercoledì 24 aprile 2013
Abbattiamo il muro di silenzio - il resoconto del Coordinamento fermare Green Hill
Diffondiamo questa newsletter del Coordinamento Fermare Green Hill:
Sabato 20 aprile il muro di silenzio eretto a difesa dei laboratori e degli stabulari dove ogni anno, in Italia, trovano la morte circa 900.000 animali ha cominciato a scricchiolare. Tre attiviste e due attivisti
del Coordinamento Fermare Green Hill, in pieno giorno, hanno occupato un intero piano, il quarto, della facoltà di Farmacologia dell'Università degli Studi di Milano.
In quei locali vengono detenuti, seviziati, infine decapitati, migliaia di individui. Siamo entrati in possesso dei documenti riguardanti anni e anni di esperimenti condotti utilizzando topi, conigli, ratti, gerbilli, pesci, criceti e cani. Abbiamo potuto portare fuori da quelle pareti le immagini degli animali reclusi, potendo raccontare la loro storia, la loro esperienza, ciò che subiscono sulla loro pelle in mesi o anni di manipolazioni, iniezioni, osservazioni morbose, torture.
Abbiamo voluto farlo mostrando il nostro volto, affrontando a viso aperto i responsabili di quella situazione con la volontà e la consapevolezza di non sottrarci alle conseguenze che scaturiranno dalla nostra azione.
del Coordinamento Fermare Green Hill, in pieno giorno, hanno occupato un intero piano, il quarto, della facoltà di Farmacologia dell'Università degli Studi di Milano.
In quei locali vengono detenuti, seviziati, infine decapitati, migliaia di individui. Siamo entrati in possesso dei documenti riguardanti anni e anni di esperimenti condotti utilizzando topi, conigli, ratti, gerbilli, pesci, criceti e cani. Abbiamo potuto portare fuori da quelle pareti le immagini degli animali reclusi, potendo raccontare la loro storia, la loro esperienza, ciò che subiscono sulla loro pelle in mesi o anni di manipolazioni, iniezioni, osservazioni morbose, torture.
Abbiamo voluto farlo mostrando il nostro volto, affrontando a viso aperto i responsabili di quella situazione con la volontà e la consapevolezza di non sottrarci alle conseguenze che scaturiranno dalla nostra azione.
> GUARDA LE FOTO DAGLI STABULARI E DEGLI ANIMALI LIBERI: http://flic.kr/s/aHsjEM72Ea
Negli stabulari abbiamo trovato 18 conigli terrorizzati: alla vista di una persona scattavano contro la parete posteriore della gabbia, nel vano tentativo di sottrarsi agli occhi di chi, secondo la loro esperienza, li avrebbe afferrati per trascinarli nei laboratori dei piani sottostanti.
Negli angoli di quelle gabbie grumi di feci ammuffite erano l'unica compagnia di quegli sfortunati animali. Due di loro sono detenuti dal 2008, molti altri dal 2009 e dal 2010, alcuni dal 2011. In ciascuna
delle altre stanze erano stipati diversi scaffali contenenti ognuno circa 30 gabbie in plexiglass ricolme di piccoli topi. Molti avevano le orecchie forate da buchi perfettamente circolari.
Abbiamo capito, successivamente, che quel tipo di ferita era causata da una specie
di graffetta identificativa, utile a distinguere i singoli animali di una gabbia, che abbiamo osservato pendere dalle orecchie di alcuni, coi bordi raggrumati di sangue. Molti presentano patologie del pelo, ferite cutanee
e si grattano furiosamente. Alcuni topi passano molto tempo appesi alle sbarre del soffitto della gabbietta, afferrandole con tutte e quattro le zampine, scappando al minimo segno di presenza umana, segno di un profondo stress e di un disagio inesprimibile.
Diversi topi cercano costantemente di liberarsi, tentando di saltare addosso ai bordi del coperchio della gabbia, con violenza, arrivando a sbattere in continuazione la testa.
Altri topi sono catatonici, immobili, insensibili a qualunque stimolo esterno. I box dei cani erano vuoti, adibiti a magazzino temporaneo, anche se in due box c'erano segni di quella che poteva sembrare una detenzione recente (chiazze di urina rappresa). Dopo una lunga trattativa, resa possibile dal fatto che i nostri stessi corpi bloccavano ogni accesso possibile e forti del possesso di tutti i documenti presenti, abbiamo ottenuto di andarcene con quanti più animali possibili, ospitati ora dall'associazione Vita da Cani Onlus di Arese.
I responsabili dell'università si sono detti disponibili a cedere anche tutti gli altri animali presenti nello stabulario, resi ormai inservibili dalla "contaminazione" data dalla nostra presenza e dallo
scompiglio dei cartellini identificativi (rendendo quindi impossibile identificare i singoli animali).
Abbiamo così condotto verso una vita libera centinaia di topi e un coniglio, uno dei due detenuti dal 2008. È notizia di ieri che il rettore si rifiuti di cedere gli animali restanti a chi direttamente è entrato negli stabulari.
Ciò non ci preoccupa: la nostra unica volontà è vedere quegli animali fuori di lì, esistono molte realtà competenti che potranno aiutarli a trovare una vita diversa, lontano dalla grinfie di chi li considera
oggetti. Il muro di silenzio comincia a cedere: siamo riusciti nell'intento di diffondere informazioni su ciò che avviene in quei luoghi, di portare la voce degli animali dove qualcuno potrà e vorrà udirla, di creare
consapevolezza mostrando la realtà, in modo che tutti possano rendersi conto di quale incubo senza fine sia la sperimentazione animale. Stiamo studiando i protocolli dei quali ci siamo impossessati, presto
sapremo dare dati precisi su quali esperimenti avvenivano e come erano condotti. Sapremo presto dirvi come morivano gli animali e cosa accedeva loro la dentro, mettendo in difficoltà, coi loro stessi documenti,
quanti si prodigano in queste ore in dichiarazioni false. I mattoni che compongono quel muro crolleranno uno ad uno: l'oscurantismo che vorrebbe vedere quegli individui come strumenti, le voci umane che soverchiano le voci animali, chi nega a topi, conigli, ratti, cani la vita e la libertà.
Negli angoli di quelle gabbie grumi di feci ammuffite erano l'unica compagnia di quegli sfortunati animali. Due di loro sono detenuti dal 2008, molti altri dal 2009 e dal 2010, alcuni dal 2011. In ciascuna
delle altre stanze erano stipati diversi scaffali contenenti ognuno circa 30 gabbie in plexiglass ricolme di piccoli topi. Molti avevano le orecchie forate da buchi perfettamente circolari.
Abbiamo capito, successivamente, che quel tipo di ferita era causata da una specie
di graffetta identificativa, utile a distinguere i singoli animali di una gabbia, che abbiamo osservato pendere dalle orecchie di alcuni, coi bordi raggrumati di sangue. Molti presentano patologie del pelo, ferite cutanee
e si grattano furiosamente. Alcuni topi passano molto tempo appesi alle sbarre del soffitto della gabbietta, afferrandole con tutte e quattro le zampine, scappando al minimo segno di presenza umana, segno di un profondo stress e di un disagio inesprimibile.
Diversi topi cercano costantemente di liberarsi, tentando di saltare addosso ai bordi del coperchio della gabbia, con violenza, arrivando a sbattere in continuazione la testa.
Altri topi sono catatonici, immobili, insensibili a qualunque stimolo esterno. I box dei cani erano vuoti, adibiti a magazzino temporaneo, anche se in due box c'erano segni di quella che poteva sembrare una detenzione recente (chiazze di urina rappresa). Dopo una lunga trattativa, resa possibile dal fatto che i nostri stessi corpi bloccavano ogni accesso possibile e forti del possesso di tutti i documenti presenti, abbiamo ottenuto di andarcene con quanti più animali possibili, ospitati ora dall'associazione Vita da Cani Onlus di Arese.
I responsabili dell'università si sono detti disponibili a cedere anche tutti gli altri animali presenti nello stabulario, resi ormai inservibili dalla "contaminazione" data dalla nostra presenza e dallo
scompiglio dei cartellini identificativi (rendendo quindi impossibile identificare i singoli animali).
Abbiamo così condotto verso una vita libera centinaia di topi e un coniglio, uno dei due detenuti dal 2008. È notizia di ieri che il rettore si rifiuti di cedere gli animali restanti a chi direttamente è entrato negli stabulari.
Ciò non ci preoccupa: la nostra unica volontà è vedere quegli animali fuori di lì, esistono molte realtà competenti che potranno aiutarli a trovare una vita diversa, lontano dalla grinfie di chi li considera
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consapevolezza mostrando la realtà, in modo che tutti possano rendersi conto di quale incubo senza fine sia la sperimentazione animale. Stiamo studiando i protocolli dei quali ci siamo impossessati, presto
sapremo dare dati precisi su quali esperimenti avvenivano e come erano condotti. Sapremo presto dirvi come morivano gli animali e cosa accedeva loro la dentro, mettendo in difficoltà, coi loro stessi documenti,
quanti si prodigano in queste ore in dichiarazioni false. I mattoni che compongono quel muro crolleranno uno ad uno: l'oscurantismo che vorrebbe vedere quegli individui come strumenti, le voci umane che soverchiano le voci animali, chi nega a topi, conigli, ratti, cani la vita e la libertà.
> VUOI AIUTARCI IN QUESTO MOMENTO?
1) Adotta alcuni topi da laboratorio. Chi volesse proporsi per l'adozione ci contatti.
Mail: adozionicontrogreenhill@gmail.com Telefono: 339-2144345
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2) Aiutaci a sostenere le spese.
Abbiamo bisogno di contributi per l'acquisto di tantissime gabbiette in cui poter far viaggiare i topi verso le loro nuove case, in cui tenerli nei loro stalli temporanei e per andare a prelevare le altre migliaia ancora presenti nello stabulario. Inoltre l'azione di sabato ha avuto dei costi e avrà forti ritorsioni
legali per le persone coinvolte. Aiutaci a continuare a salvare animali e portare avanti la lotta contro
la vivisezione! Fai una donazione ora. Grazie!!! ---
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Postepay:
numero 4023 6006 1715 8052 Intestata a D'angelo Sara Livia Vittoria
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Insieme riusciremo a fermare la sperimentazione sugli animali! Contro lo specismo - Per la liberazione animale
Coordinamento Fermare Green Hill
Coordinamento Fermare Green Hill
ABBATTERE IL MURO DI SILENZIO: IL VIDEO GIRATO DAL COORDINAMENTO FERMARE GREEN HILL
ECCO IL NUOVO VIDEO GIRATO DAL COORDINAMENTO FERMARE GREEN HILL CON IL RESOCONTO DELLA GIORNATA MEMORABILE DI SABATO 20 APRILE. GUARDALO E DIFFONDI!
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MILANO 20 Aprile: tre attiviste e due attivisti del Coordinamento Fermare Green Hill, in pieno giorno, hanno occupato un intero piano, il quarto, della facoltà di Farmacologia dell'Università degli Studi di Milano. In quei locali vengono detenuti, seviziati, infine decapitati, migliaia di individui. Siamo entrati in possesso dei documenti riguardanti anni e anni di esperimenti condotti utilizzando topi, conigli, ratti, gerbilli, pesci, criceti e cani. Abbiamo potuto portare fuori da quelle pareti le immagini degli animali reclusi, potendo raccontare la loro storia, la loro esperienza, ciò che subiscono sulla loro pelle in mesi, anni di manipolazioni, iniezioni, osservazioni morbose, torture. Abbiamo voluto farlo mostrando il nostro volto, affrontando a viso aperto i responsabili di quella situazione con la volontà e la consapevolezza di non sottrarci alle conseguenza che scaturiranno dalla nostra azione. Negli stabulari abbiamo trovato 18 conigli terrorizzati: alla vista di una persona scattavano contro la parete posteriore della gabbia, nel vano tentativo di sottrarsi agli occhi di chi, secondo la loro esperienza, li avrebbe afferrati per trascinarli nei laboratori dei piani sottostanti. Negli angoli di quelle gabbie grumi di feci ammuffite erano l'unica compagnia di quegli sfortunati animali. Due di loro sono detenuti dal 2008, molti altri dal 2009 e dal 2010, alcuni dal 2011. In ciascuna delle altre stanze erano stipati diversi scaffali contenenti ognuno circa 30 gabbie in plexiglass ricolme di piccoli topi. Molti avevano le orecchie forate da buchi perfettamente circolari. Abbiamo capito, successivamente, che quel tipo di ferita era causata da una specie di graffetta identificativa, utile a distinguere i singoli animali di una gabbia, che abbiamo osservato pendere dalle orecchie di alcuni, coi bordi raggrumati di sangue. Molti presentano patologie del pelo, ferite cutanee e si grattano furiosamente. Alcuni topi passano molto tempo appesi alle sbarre del soffitto della gabbietta, afferrandole con tutte e quattro le zampine, scappando al minimo segno di presenza umana, segno di un profondo stress e di un disagio inesprimibile. Diversi topi cercano costantemente di liberarsi, tentando di saltare addosso ai bordi del coperchio della gabbia, con violenza, arrivando a sbattere in continuazione la testa. Altri topi sono catatonici, immobili, insensibili a qualunque stimolo esterno. Dopo una lunga trattativa, resa possibile dal fatto che i nostri stessi corpi bloccavano ogni accesso possibile e forti del possesso di tutti idocumenti presenti, abbiamo ottenuto di andarcene con quanti più animali possibili, ospitati ora dall'associazione Vita da Cani Onlus di Arese.
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martedì 23 aprile 2013
il comunicato di Equivita sui fatti di sabato
Per bilanciare e mitigare le falsità elargite con patetica premura dai pro-vivisezione, vi consigliamo la lettura attenta di questo ottimo comunicato scritto da scienziati antivivisezionisti, perchè la vivisezione non è soltanto un "problema" etico.
***
23.04.2013
L’informazione è la nostra forza
L’episodio dei cinque attivisti animalisti che sabato scorso (giornata dell’Animale da Laboratorio) hanno occupato la facoltà di Farmacologia all’Università statale di Milano, per poi liberare un certo numero di animali (cavie e conigli) dal laboratorio, ha provocato una dimostrazione, il giorno successivo, di una ventina di studenti e ricercatori. Questi hanno esibito lo slogan “L’informazione sarà la nostra forza, la vostra ignoranza non vincerà”.
Come spesso avviene, le accuse mosse dai ricercatori (ovvero da quelli che ritengono di dovere ancora e sperimentare sugli animali) calzano perfettamente a loro stessi.
Il movimento degli scienziati antivivisezionisti da molti anni si batte per dimostrare che la sperimentazione animale è un metodo fallace, che rappresenta un rischio per la salute umana … e un ostacolo per il progresso delle scienze biomediche.
Il comitato scientifico EQUIVITA esprime la sua profonda delusione per quei giovani (studenti o ricercatori) che, in luogo di informasi e di informare la società sui cambiamenti “epocali” (così li definisce il Consiglio Nazionale della Ricerca USA e così sono in effetti) in atto da alcuni anni nella ricerca biomedica proprio per quanto riguarda il metodo di ricerca, si abbarbicano al loro diritto di seviziare creature senzienti. Accolgono con un silenzio assordante i nostri rendiconti sui progressi scientifici e trascurano totalmente la necessità che ad essi vengano adeguate le leggi europee.
Delle tante statistiche che testimoniano a favore del “cambiamento epocale” già in atto altrove, ne scegliamo questa volta solo due:
Il 92% dei farmaci che hanno superato le prove sugli animali viene scartato con le prove cliniche sull’uomo (Food and Drug Administration, USA)
Nell’81% di 43 farmaci presi in esame, che tutti hanno gravemente danneggiato i pazienti a cui furono somministrati, i test su animali hanno del tutto omesso di segnalare le ADR (Adverse Drug Reactions, ovvero effetti nocivi del farmaco). Studio Van Meer PJ et al. “The ability of animal studies to detect serious post marketing adverse events is limited”.
Per chi desidera conoscere quale sia il punto di vista di organismi prestigiosi come l’Accademia delle Scienze statunitense, come le famose riviste Nature, Science, British Medical Journal, Scientific American, ecc, o quello di scienziati importanti come Thomas Hartung, come l’emerito direttore di ricerca del CNRS di Parigi Claude Reiss, riguardo alla fallacità della vivisezione, riguardo alla immensa apertura ad una conoscenza di gran lunga più vasta, più affidabile, più rapida ed economica, che forniscono i nuovi metodi di ricerca basati sulla scienza, alleghiamo qui di seguito un elenco di 23 articoli (piccola parte del nostro lungo archivio) .
Merita un commento l’articolo intitolato “Crolla il valore scientifico del topo come modello per alcune malattie letali nell’uomo”, N°1 nell’elenco, anche perché è il più recente. E’ stato pubblicato dai “Rapporti della National Academy of Sciences” degli USA e riportato il 11.2.2013 dal New York Times. Esso dimostra come il topo sia un modello fuorviante per almeno tre tipi di patologie mortali: sepsi, traumi e ustioni (ma esistono forti dubbi anche per le patologie che riguardano il sistema immunitario, inclusi cancro e disturbi cardiaci). Questo aiuta a capire perchè siano risultati inefficaci circa 150 farmaci testati (con enorme dispendio); si basavano tutti su prove fatte su topi .
Va ricordato che la sepsi (potenzialmente mortale) avviene per una maggioranza di malattie e quando il corpo lotta contro un’infezione. In USA colpisce ogni anno 750.000 pazienti, uccide da un quarto alla metà di essi e costa alla nazione 17 miliardi di dollari. E’ la principale causa di morte nelle unità di terapia intensiva. Lo studio è stato condotto per 10 anni parallelamente sui topi e sull’uomo.
I ricercatori intervistati nel corso della manifestazione a Milano del 21.4.2013 hanno lamentato il danno procurato dalla liberazione degli animali alla loro ricerca per le malattie del sistema nervoso, come l’autismo, il Parkinson, l’Alzheimer e la SLA.
Pur rammaricandoci del loro disappunto non possiamo condividerlo. Infatti già nel 2004 il British Medical Journal ha pubblicato un articolo che spiegava come in un’altra malattia neurodegenerativa, la Sclerosi multipla, le sperimentazioni sui topi avevano portato la ricerca del tutto fuori strada.
Un altro importante articolo che purtroppo non è accluso qui, di Nature (2008), che riguarda la ricerca per una grave malattia neurodegenerativa, la SLA, è intitolato:
“Neuroscienze, modello standard: i quesiti sollevati dall’uso dei topi SLA hanno causato un vasto ripensamento sull’utilizzo del modello murino per le malattie neurodegenerative” (Jim Schnabel). Le tante sperimentazioni fatte sui topi non sono state di alcuna utilità. Risulta che la modifica genetica introdotta nei topi non ha ottenuto il risultato desiderato. La visione meccanicista che vede la possibilità di rendere la cavia “più somigliante all’uomo” con il trasferimento di qualche gene si basa infatti su di una visione errata della genetica.
Un migliore utilizzo delle informazioni ( in circolo già da molto tempo) che sconfessano il paradigma errato della sperimentazione animale avrebbe giovato, se non altro, a far risparmiare investimenti di assoluta inutilità per i cittadini.
Per qualsiasi informazione ulteriore vedere “www.equivita.it”.
QUI IL BOX
ALLEGATO:
Elenco di 23 articoli scientifici che contestano la sperimentazione animale quale metodo di ricerca
1)
PNAS 2013 ; published ahead of print February 11, 2013, doi:10.1073/pnas.1222878110
Genomic responses in mouse models poorly mimic human inflammatory diseases
Junhee Seok, H. Shaw Warren, Alex G. Cuenca, Michael N. Mindrinos, Henry V. Baker, Weihong Xu, Daniel R. Richards, Grace P. McDonald-Smith, Hong Gao, Laura Hennessy, Celeste C. Finnerty, Cecilia M. López, Shari Honari, Ernest E. Moore, Joseph P. Minei, Joseph Cuschieri, Paul E. Bankey, Jeffrey L. Johnson, Jason Sperry, Avery B. Nathens, Timothy R. Billiar, Michael A. West, Marc G. Jeschke, Matthew B. Klein, Richard L. Gamelli, Nicole S. Gibran, Bernard H. Brownstein, Carol Miller-Graziano, Steve E. Calvano, Philip H. Mason, J. Perren Cobb, Laurence G. Rahme, Stephen F. Lowry, Ronald V. Maier, Lyle L. Moldawer, David N. Herndon, Ronald W. Davis, Wenzhong Xiao, Ronald G. Tompkins, and the Inflammation and Host Response to Injury, Large Scale Collaborative Research Program
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Inflammatory findings on species extrapolations: humans are definitely no 70-kg mice.
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Systematic Reviews of Animal Models: Methodology versus Epistemology
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Where is the evidence that animal research benefits humans?
Pandora Pound, research fellow,1 Shah Ebrahim, professor,1 Peter Sandercock, professor,2 Michael B Bracken,professor,3 Ian Roberts, professor,4 and Reviewing Animal Trials Systematically (RATS) Group
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Knight A.
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Report and Recommendations of a Volunteers in Research and Testing Workshop
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David Biello. Robot Allows High-Speed Testing of Chemicals.
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EQUIVITA, Comitato Scientifico Antivivisezionista
Via P. A. Micheli, 62 00197 Roma
Tel. +39.06.3220720, Cell. 335.8444949, Fax +39.06.3225370
emailto: equivita@equivita.it
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domenica 21 aprile 2013
20.04.2013 - I VIDEO
I video di ieri 20.04.2013
5 attivisti del Coordinamento Fermare Green Hill sono entrati nello stabulario dell'Istituto di Farmacologia dell'Università di Milano e hanno ottenuto, dopo oltre 10 ore di occupazione, la salvezza e la liberazione di centinaia di topi e di 17 conigli. Basta vivisezione!!!
qui il servizio di RAI3 sulla giornata di ieri dal minuto 5.39:
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-9c3fdfa9-5737-4979-a1ab-2a2b5a3da36d-tgr.html#p=0
http://www.rai.tv/dl/
html#p=0
URGENTE - STALLI/ADOZIONI TOPI SALVATI DALLA VIVISEZIONE IERI A MILANO
DIFFONDIAMO E AUGURIAMO UNA VERA VITA A CIASCUNO DEGLI ANIMALI SALVATI IERI! ANIMALI LIBERI!
di Contro Green Hill:
Lui è uno dei piccoli "topi nudi" salvati grazie all'azione di ieri (20.04.2013). Con loro molti topi bianchi, neri e marroni.
Stiamo documentando il passaggio di centinaia di animali ad una nuova vita fuori dalle stanze chiuse e senza luce naturale, fuori dalle minuscole gabbie dei laboratori. La loro curiosità di fronte alla luce, ai nuovi stimoli, al nuovi ambiente è bellissima e ci riempie di emozioni.
> Tutti i roditori verranno affidati grazie all'aiuto dell'associazione Vitadacani Onlus.
> Chi può dare una casa o uno stallo in zona Milano per questi topi telefoni al 339-2144345 o scriva a adozionicontrogreenhill@gmail.com
Guardando questi splendidi animali liberi vogliamo ringraziare tutte le persone che hanno dato sostegno e che hanno partecipato alla protesta e alla giornata di ieri.
Contro lo specismo - Per la liberazione animale
www.fermaregreenhill.net
nella foto: uno dei topi salvati ieri. Fragile e indifeso, era in balìa dei vivisettori. Ora è libero e cerca una famiglia che gli doni rispetto e amore. |
ABBATTIAMO IL MURO DI SILENZIO
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